Tomy Giachino Da un po’ di tempo a questa parte il nome di Tomaso Tomy Giachino circola con sempre maggiore insistenza alla voce “giovane sì, ma bravo”. Che sia giovane non c’è ombra di dubbio visto che accarezza i sogni dei suoi 21 anni. Bravo? Lo dicono quanto passano dal Santamonica di Lungomare Lombardo e hanno gli occhi lucidi e la papilla lustra.
Se non ha ancora esperienza, di certo non manca la passione. <<Quella che ho sempre avuto fin da quando, piccolo, i miei genitori mi facevano lavare i piatti e pulire totani, gamberi e scampi. >> Così per i primi due anni passati al Santamonica sotto l’ala severa ma piena di aspettative dei suoi genitori: Andrea Giachino e Monica Capurro, titolari del locale tanto apprezzato dai genovesi per l’ottima cucina e la splendida location sul mare.

<<Poi ho iniziato il mio giro d’Italia: a 18 anni da Caino Montemarano, due stelle, chef Valeria Piccini. A seguire altre due stelle con lo chef Gabriele Boffa alla Locanda Sant’Ufficio. E via così fino a Villa Crespi ad assaporare le tre stelle.>>
Ora è tempo di responsabilità maggiori?
<<La responsabilità me la sento e me l’assumo – dice Tomy guardando il mare su cui si affaccia il Santamonica e svagandosi nei, rari, momenti in cui è possibile fermarsi un attimo a fissare quell’orizzonte. Il Santamonica è un ristorante importante per Genova. È molto conosciuto e ha uno standard elevato. Io non posso e non devo fare di meno ma, anzi, di più.>>
Che idea hai della tua cucina? <<La mia cucina la interpreto senza cardini prefissati. Dipende molto da come sono io in un determinato momento. A volte penso molto in stile francese, a volte divento piuttosto orientaleggiante… Comunque l’ingrediente che preferisco non è uno solo: soia, burro e parmigiano li colloco tutti allo stesso livello nel mio immaginario e nella mia immaginazione.>>
E le barbabietole?
<<Ecco, senza offesa, ma non parlatemi di barbabietole sia quando c’è da cucinarle o quando si dovrebbero mangiare. Le rape, davvero, non mi fanno impazzire.>>
Domanda d’obbligo. Il tuo rapporto con la tradizione.
<<Un rapporto che, indubbiamente, esiste. Ma non sono così legato ad essa. Mi piace conoscerla, giocarci con nuove tecniche. Ma adoro scoprire nuovi ingredienti. Non voglio certo apparire arrogante ma la tradizione è già stata fatta e io non voglio toccare una cosa che è già stata sviscerata. Tra l’altro sviscerata molto bene e io non voglio toccare ciò che è tanto importante.>>
Però stai lavorando a un minestrone 2.0?
<<È vero. Sarà scomposto con verdure in diverse cotture e con estrazione di brodo con qualcosa in più che sto studiando. E poi mi piace molto l’idea del minestrone classico fritto. Una ricetta ancora poco conosciuta e documentata.>>
Dove vuoi arrivare?
<<Domanda complessa. Diciamo a stare bene e a fare una cucina che soddisfi il cliente ma, principalmente, soddisfi me. Amo il mio lavoro e voglio cucinare cose che, primariamente, rendano felice il sottoscritto e, di conseguenza, l’ospite che ci viene a trovare.>>

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