Il pesto genovese il condimento più amato, anzi l’unico degno di accompagnare gli gnocchi e le trenette. Intorno a questa salsa, dal colore verde brillante e dal sapore paradisiaco, i genovesi si uniscono e si dividono. Se è vero che «il pesto di mia nonna era imbattibile» è pur vero che «stessi ingredienti e stessa ricetta non fanno stesso pesto».
Non esiste un pesto genovese uguale
A sostegno di quest’ultimo principio, proviamo a visitare una ad una le case di Genova. Qui non troveremo due pesti uguali. In base ai gusti personali e ai ricordi di famiglia. In questo modo l’amalgama sarà più liquido o più corposo, basta variare il dosaggio dei sette ingredienti:
basilico genovese
parmigiano reggiano stravecchio
pecorino sardo
pinoli
aglio
sale grosso,
olio extra vergine della riviera ligure
Per difendere l’antica ricetta, minata dall’eclettismo delle preparazioni si è corsi ai ripari. Soprattutto per preservare un’autenticità che si stava perdendo, sono nate le Confraternite del Pesto. Si tratta di associazioni di buongustai che diffondono la tradizione vigilando sulla diffusione delle salse pronte e sui menù, non proprio ortodossi, dei ristoranti turistici.
La polemica di Biasotti
Risale al 2002 la presa di posizione dell’allora governatore della Liguria Sandro Biasotti, che si lanciò in difesa del pesto genovese per boicottare la Nestlè. La multinazionale era “colpevole” di aver messo in commercio due ibridi di basilico (chiamati Pesto e Sanremo) per la produzione tedesca. I giornali uscirono con titoli ad effetto, e la cosiddetta “guerra del pesto” ben presto si concluse con la vittoria dei liguri e il ritiro dei brevetti da parte della multinazionale.
Tre anni dopo arrivò il riconoscimento Dop per il basilico genovese. Pesto genovese che dal 2008, è sotto l’ala protettrice del Consorzio di tutela del basilico genovese Dop. Si tratta dell’ unico ammesso nella preparazione del vero pesto genovese.
La nascita e la diffusione del pesto si colloca tra il 1840 e il 1850, più incerta è la sua origine. Renzo Pellati, nel suo La storia di ciò che mangiamo, propone due ipotesi. La prima avvalora l’evoluzione di una salsa medievale ricca di fave e di aglio, a cui uno sconosciuto cuoco pensò bene di aggiungere il basilico. L’altra ipotesi parla invece di una salsa di noci, anche questa già conosciuta nel Medioevo, a cui qualcuno aggiunse il basilico. La terza via, potrebbe essere quella che attribuisce le origini del pesto al moretum, ricetta dei Romani a base di formaggio pestato con erbe aromatiche, ricordata nell’omonimo poemetto attribuito a Virgilio.
Qualunque sia l’origine del pesto, il suo protagonista assoluto resta il basilico genovese. Questa pianta, in botanica ocimum basilicum, nell’antichità era coltivata per uso ornamentale e per le sue presunte caratteristiche terapeutiche. Solo successivamente la piantina verde viene utilizzata anche in cucina e da metà ‘800, come detto, entra nel mortaio e diventa pesto.
A partire dagli Anni ’60, la salsa genovese diventa sempre più conosciuta in tutto il mondo, seconda sola a quella al pomodoro, alternativa vegetariana al più classico ragù di carne.
Il Disciplinare parla chiaro
Secondo il disciplinare del consorzio, il basilico deve essere prodotto sul versante tirrenico del territorio ligure preferibilmente a Pra’. Qui c’è il quartiere del Ponente genovese con le condizioni climatiche atte a garantire la migliore produzione di basilico a livello mondiale. Coltivato in ogni periodo dell’anno, nei campi o nelle serre, il basilico di Pra’ ha una foglia medio piccola, ovale e convessa, color verde tenue e, assolutamente, nessun sentore di menta.
Il pesto simbolo di Genova
Per una preparazione rigorosa del pesto sono indispensabili mortaio in marmo e pestello in legno di pero. Si inizia col pestare l’aglio sbucciato fino a ridurlo in poltiglia. Poi si aggiungono i pinoli continuando a pestare.
A questo punto si inseriscono il basilico (che non andrebbe lavato ma pulito con uno straccetto umido). Ancora qualche grano di sale grosso, continuando a schiacciare con un movimento rotatorio. Dovremo ottenere un composto omogeneo. Si completa con i formaggi grattugiati e l’olio versato a filo.
Non esiste una ricetta codificata
Ma come abbiamo già detto, una ricetta codificata e gli strumenti giusti da soli non bastano a garantire il risultato. Come si dice a Genova, «per fare un buon pesto bisogna nascerci». Da questa convinzione al Campionato mondiale di pesto, il passo è stato breve. Ci ha pensato ad organizzarlo l’associazione Palatifini presieduta da Roberto Panizza.
La manifestazione, che si svolge ogni due anni nella sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale, segnerà nel 2018 la sua settima edizione. L’ultima sfida con mortaio e pestello risale al 2016 e, ad aggiudicarsi il titolo di campionessa mondiale di pesto, è stata la 36 enne genovese Alessandra Fasce.
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