L’esperienza è ancora in fase di consolidamento ma il carattere ed il tratto distintivo emergono chiari nonostante la giovane età. Si tratta di Daniele Rebosio, 26 anni di età e recentemente approdato alla guida dei fornelli di Hostaria Ducale. Difficile trovare nella cucina di Daniele troppi analogismi con colleghi più noti, più adulti, piuttosto talvolta si scorgono alcune citazioni, ma la sua mano si sta allenando con efficacia e presto la sua firma, oggi ancora non completamente riconoscibile, lo sarà.
Molti dei piatti sono assemblati con tecniche di scuola francese; padrone assoluto del palco è l’uso del burro e la competenza nella gestione delle salse, che nella cucina di Daniele rappresentano un asset di alto valore.
Piatto indimenticabile sono le animelle: finite al padellino e poi laccate con miele e soia. Certo si guadagnano il posto come boccone più interessante di tutta la cena. Cremosa croccantezza è il descrittore che meglio si abbina a questa portata: si tratta di un piatto bello tosto tenuto leggermente a bada dalla brunoise di mela verde, pesca e finger lime, ma il consiglio è di fare un dritto per dritto con la sola animella e concentrarsi sull’altalena della dolcezza e dell’umami. Daniele ha scelto di usare animella di gola, una frattaglia bianca, e di metterla sulla rampa di lancio laccandola con sapori marcati e a tratti orientali. Una scelta forse azzardata data la tenera delicatezza del quinto quarto usato. È stato un po’ come presentarsi ad una gara di F1 con il monopattino, solo che se poi il gran premio lo vinci davvero? Ebbene, Daniele Rebosio  era sul podio! Qui si inizia a scorgere il carattere di uno chef di cui vale la pena tenere sotto controllo l’evoluzione.
Un grande azzardo nel suo menù, non l’unico, è stato gambero rosso crudo, piselli, stracciatella e polvere di caffè. Automaticamente scatta il confronto con Carlo Cracco che il caffè lo ha usato per i suoi spaghetti d’uovo, ricci di mare e caffè, e non solo. Per via degli ingredienti diversi non è possibile fare un paragone diretto uno a uno, ma l’accostamento del marino aromatico (Daniele ha usato una maionese fatta con le teste del gambero) con il caffè è quello che rimane impresso nella memoria. Qui Daniele Rebosio ha svoltato il piatto con un elemento invisibile, di sorpresa, ossia qualche granello di sale fino in superficie. Questi micro-picchi di sapidità concentrata hanno portato il piatto su una dimensione molto più alta; i granelli di sale sono stati il bacio appassionato dopo aver fatto l’amore.
Daniele RebosioDi tutto il menù servito, circa 14 portate, il piatto più “Rebosiano”, è stato il risotto cavolo viola, anguilla affumicata e limone.
L’esecuzione è in stile Gualtiero Marchesi, per cui il gusto del riso stesso è valorizzato e mantenuto mentre l’uso dell’anguilla e del limone è lontano anni luce da come ce lo si sarebbe aspettato.
L’anguilla, complice una ampia letteratura di piatti blasonati. Si può dire che richiama quasi automaticamente grassezza mentre il limone acidità, dal cavolo viola si attende una forte aromaticità così come dall’affumicatura. Ebbene, a questo punto c’è stato un vero coup de théâtre: l’abbinamento con un vino, un orange wine.
Daniele Rebosio Questa scelta ha stravolto l’intero piatto, ne ha rotto tutti gli equilibri creandone di nuovi, non c’era più bisogno della grassezza e dell’acidità; il limone (sia in marmellata che secco e grattugiato nero dell’Oman) dava freschezza e pulizia. Teatro degli opposti, volevo grassezza ed ho avuto freschezza; questo vale come una firma, un cambio al timone che sottolinea la personalità di Daniele. Essere sorpresi è stupendo, e con questo piatto Daniele è passato dal suonare il suo strumento a dirigere l’orchestra.
I piccoli richiami ai grandissimi della cucina sono il “cucchiaio e padellino” con cui Daniele sta scrivendo con competenza e passione la sua stessa storia; presto la firmerà con l’esuberanza composta di chi i confini li vede come uno stimolo e non come un vincolo.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.