Teresa dal 1968Al ristorante capitano sempre molte cose e difficilmente si mangia soltanto, se fosse così sarebbe semplice e pochi ne scriverebbero. Quello che è successo nei giorni scorsi al Ristorante Teresa dal 1968 è stata una esperienza che auguro ad ognuno di voi: la dimensione del tempo ha cambiato di significato, non esisteva più, e sono stato avvolto da un caldissimo abbraccio, materno, che mi ha letteralmente accolto a casa; non ero soltanto uno dei tanti commensali, ero una parte del tutto. Un bellissimo viaggio al centro delle emozioni giunto al secondo episodio dell’esperienza delle emozioni. E’ stata la volta di Empatia, così ben rappresentata in cucina e fatta vivere a parole con la grazia e la competenza di Martina Buscema, figlia di Tina e impeccabile padrona di casa. Il compagno di viaggio della serata è stato il baccalà che, essendosi guadagnato con rispetto l’appellativo di maiale del mare, si è reso protagonista con ogni sua parte. Teresa dal 1968Già dalla lettura del menù si evince lo spessore di Tina Cosenza : la gola così come le trippe sono vere leccornie per il popolo gourmet, parti spesso scartate ma che costituiscono una ricchezza sorprendente. Con lei, ai fornelli, Giorgio Guglielmetti: ineccepibile Company Chef  di Longino & Cardenal  che ha laicamente benedetto l’incontro a tavola con Baccalà Giraldo.  Proprio la gola è stata trattata con grande rispetto, sia per il suo gusto che per la sua consistenza: una spremuta di collagene con una spiccatissima essenza marina che, aiutata non poco dal plancton, ha palleggiato nel palato come Maradona faceva allo stadio!

La minestra di legumi con le trippe è stata un azzardo puro ma anche una vera e riuscitissima lezione di stile. La pasta e fagioli si fa con le cotiche, ma qui è stata eliminata la pasta e le cotiche sono state sostituite con le trippe di baccalà. Cessione di collagene alla minestra di fagioli, consistenza morbida e sensuale, mentre nessuno ha rimpianto il maiale di terra e tutti hanno applaudito quello di mare, specialmente addentando la sua pelle fritta, croccante e musicale. Il modus operandi mi ha ricordato moltissimo l’approccio di Massimo Bottura nella costruzione del suo ultimo menù: una precisa ricostruzione “a modo mio”.Teresa dal 1968La star della serata da Teresa dal 1968, o meglio, il piatto menù, sono stati i tortelli. Qui dobbiamo fermarci. Chiudere gli occhi. Respirare. Deglutire. Via. La spessa sfoglia all’uovo ha custodito il baccalà mantecato proteggendolo senza che l’acqua bollente lo potesse disfare, la burrata ed il pesto (giustamente poco pesto) hanno svolto il ruolo di vettori di dolcezza e “pungenza” del ripieno ma la standing ovation è stata per il pomodoro. Vado dritto senza fronzoli: gestire così un pomodorino è ciò che fa di Tina una numero uno. L’acidità che ti aspetti non arriva, mentre la dolcezza aromatica ti avvolge e si avviluppa insieme a quella della burrata e in quel momento tu capisci che stai bene. Godi. Sembra un bacio. Un godimento che parte dal palato, rimbalza sul cervello, accenni un sorriso, rimbalza ancora, ti tremano le gambe, chiudi gli occhi e…e addenti il prossimo tortello. Il pomodorino che sorprende. Insieme al baccalà mantecato vince l’oscar dello stupore. È antidepressivo. Senti che ti fa bene. Empatia al grado massino con i vini in abbinamento scelti per la serata dall’inarrivabile Mariella. Apertura con un Metodo Classico Brut Bàsura Rosa di Durin per poi passare a un Petite Arvine “Ottin” Valèe D’Aoste DOP.
Una serata dove le emozioni ed il cibo non hanno avuto confini veri e propri; difficile dire dove iniziava uno e finiva l’altro. Totalmente bendati e presi per mano; accarezzati e cullati. Al sicuro. Come tra le braccia di chi ti vuole bene.
Siamo da Tina,  da Teresa dl 1968, a Pegli che forse sembra un po’ Canneto sull’Oglio.

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