Per decenni nella Valsecca, alle spalle della Grande Genova, i produttori di salame di Sant’Olcese hanno avuto un antagonismo gastronomico acerrimo contro i rivali di Orero, da sempre. Era il salame della Valsecca. Un tempo le due scuole salumiere potevano contare su decine di adepti. Tempi in cui c’era un salumificio in ogni casolare. I contadini allevavano le mucche e i maiali e facevano il salame da vendere a chi veniva da fuori e a volte si fermava per la gita fuori porta con la famiglia, magari per mangiare una bella rosetta col salame. La rigidità delle norme CEE sull’igiene dei macelli finì con lo spazzare via la maggioranza dei piccoli produttori locali di salame. Permane un certo campanilismo gastronomico fra Sant’Olcese e Orero, nonostante che le due ricette, pur con qualche piccolo segreto gelosamente tramandato da una parte e dall’altra per intere generazioni, siano praticamente identiche. Un impasto leggermente affumicato, fatto soprattutto di carne bovina, a cui viene aggiunto il maiale in percentuale minore che negli altri salumi italiani. Un prodotto abbastanza magro, quindi, rispetto ai salami “foresti”. Facilmente digeribile e – relativamente – a basso contenuto di colesterolo. Tuttavia il panino col salame di Valsecca in Valpolcevera, sia esso nella michetta, nella biovetta o nella rosetta, rimane un classico nel DNA di ogni genovese.
